Diario di viaggio
Ogni viaggio inizia con un sogno, evolve in un percorso e non finisce mai, nemmeno quando si torna a casa.
Recentemente, programmi televisivi e riviste, mostrano incredibili avventure in bicicletta. Avventure che stupiscono e fanno sognare in cui talvolta, però, i protagonisti sembrano prendersi un po’ troppo sul serio, lasciando l'amaro in bocca.
Così ho pensato perché non realizzare qualcosa di inaspettato condito da un pizzico di ironia?
Vicino alla città in cui vivo (Genova) c'è una famosa statua di Cristo posata sul fondo della baia di San Fruttuoso di Camogli nel 1954 a protezione dei subacquei. Allo stesso modo, nelle Alpi, sulla vetta del Balmenhorn (nel massiccio del Monte Rosa a 4167 metri sul livello del mare) nel 1955 è stata posta una statua di Cristo a protezione degli alpinisti.
Le due statue distano circa 300 km ed è possibile far loro visita con un viaggio di un paio di giorni utilizzando auto, funivia, piedi e ... olio di gomito così, ho pensato perché non collegare questi due luoghi incredibilmente affascinanti utilizzando la mia bicicletta pieghevole? La mia Brompton!
In due giorni.
Giusto per rendere la sfida più interessante ;-).
Dopo accurati sopralluoghi virtuali, mi sono accorto che quest’avventura richiedeva un intenso allenamento. In sella alla mia Brompton ho iniziato così a macinare chilometri su un classico percorso del ciclismo Genovese (Genova, passo del Turchino, passo del Faiallo, Sassello, Albissola e Genova) percorrendolo più volte di seguito. L’ho fatto così tante volte che ormai né conosco ogni cm di asfalto, curva e habitué. Contemporaneamente, Brompton in spalla facevo escursioni sulle alture di Genova scoprendo, con non poca sorpresa, che la bicicletta, come zaino, nonostante il volume, riesce a trasportare ben poche cose ;-).
Verso la fine di Giugno, per testare la mia preparazione sulla lunga distanza, ho attraversato in giornata la Liguria da La Spezia a Ventimiglia. Una magica giornata con alcuni contrattempi.
In fine a luglio, per non lasciare nulla al caso, ho fatto alcune uscite in alta quota nel massiccio del Monte Rosa.
Ogni settimana tenevo d’occhio il meteo e appena ho visto una finestra di bel tempo sono partito.
Eccomi, sono a San Fruttuoso di Camogli, un ultimo sguardo alla baia e Brompton in spalla percorro il ripido sentiero che porta alla Ruta di Camogli. Le persone che incontro lungo questa salita rimangono sorprese nel vedere una bicicletta appesa ad uno zaino e quando gli dico la mia destinazione pensano ad uno scherzo…come dargli torto.
Inizio a pedalare, il percorso mi riporta sotto casa, dove sostituisco il comodo e vuoto zaino da escursionismo con quello più tecnico contenente tutto il materiale alpinistico e via, riparto verso il passo dei Giovi. L’orologio gira molto più velocemente di quanto l’asfalto scorra sotto le mie piccole ruote. In breve è notte.
Pedalare nell’oscurità è emozionante, tutto si amplifica, anche i brividi che mi percorrono la schiena ogni volta che un’auto mi sfreccia accanto. Tutte le volte che pedalo di notte è sempre la stessa storia: mi prometto di non farlo mai più. La maggior parte degli automobilisti non è ancora pronta a condividere l’asfalto con gli utenti più deboli, i ciclisti, o più semplicemente io non sono abbastanza temerario.
Nelle lunghe e monotone ore di pedalate attraverso la pianura padana il ricordo di alpinisti come Herman Buhl e i fratelli Toni e Franz Schimt invade la mia mente. Uomini che si spostavano in bicicletta per poi affrontare salite vertiginose che ancora oggi destano ammirazione (rispettivamente nord del pizzo Badile in solitaria e nord del Cervino).
Spronato da questi grandi esempi, inizio a pensare quando arriverò a Staffal non sfrutterò la comodità della funivia, salirò con le mie forze seguendo il loro stile….mai pensiero più sbagliato poteva venirmi in mente.
A Pont Saint Martin la strada inizia a salire, rallento vistosamente tanto che mi sembra di trascinare un’ancora. Più volte controllo con lo sguardo la pressione delle gomme, ma ahimè non ho forato sono solo le gambe che iniziano a non rispondere a dovere.
Arrivo a Staffal e nonostante la stanchezza salgo a piedi. Quasi per pudore copro la mia Brompton con il copri zaino. Se tutto va bene tra un po’ sarò in quello che considero un tempio della natura. Mi sento schiacciare sotto il peso di questo inappropriato zaino. Più volte mi fermo per riprendere fiato. Inizio a pensare ai vantaggi delle biciclette pieghevoli: puoi appunto ripiegarle e utilizzare altri mezzi di trasporto per completare un viaggio e… del perché non ho preso la funivia.
Vedo un’altra alba e dopo la prima rampa del ghiacciaio del Lys ho un unico pensiero… gettare la Brompton in un crepaccio e tornarmene comodamente a valle. Sono esausto, ogni parte del mio corpo vuole fermarsi. Non so come Marco Olmo, Roberto Ghidoni, e Nico Valsesia, alfieri dell’endurance, riescano a contrastare quelli che per me ormai sono i dolci canti delle sirene che mi ripetono: rinuncia. Mi concentro su un passo alla volta e un metro dopo l’altro continuo a salire.
Finalmente intravedo il Balmenhorn, è eccitante, la fatica non passa ma almeno ora i pensieri sono più leggeri.
Vengo raggiunto e superato da molti alpinisti, ma nessuno mi chiede cosa trasporto di così ingombrante sotto il copri zaino. D’altra parte qui è un “must” avere uno zaino voluminoso.
Un ultimo sforzo e poggio le mani sulla statua, mi emoziono. Ho appena la lucidità di fotografare la Brompton ai suoi piedi, poi alzo lo sguardo e rimango affascinato dal panorama. Nonostante sia seduto da ore continuo a sentirmi svuotato di ogni forza. Il mio iniziale programma prevedeva, dopo la nottata ristoratrice al bivacco Giordano, di andare alla capanna Margherita, il più alto rifugio d’Europa, ma ora non ne ho né la forza, né l’intenzione. L’indomani nella nebbia scendo verso valle…si torna a casa.
Lionel Terray alpinista e scrittore definiva in un suo libro gli alpinisti come i conquistatori dell’inutile. Non mi reputo un’alpinista ma credo di comprendere le sue parole. Questo viaggio per molti è del tutto inutile, quasi una sciocchezza, ma per me è stato straordinario e fatto semplicemente per il puro piacere di farlo.
In questo lungo anzi lunghissimo viaggio la Brompton non mi ha dato nessun problema, anche nei tratti di percorso dove, per così dire, non doveva esserci. Certo l’avrei preferita un po’ più leggera, ma le biciclette sono fatte per starci sopra ed esserci trasportati e non vice versa.